Iriti pasquali con il vescovo Adriano. L’omelia ai sacerdoti nella messa del Crisma
Appartenenza e discepolato
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Il vescovo Adriano ha presieduto i riti pasquali in cattedrale e in città. Un’ottantina di sacerdoti hanno partecipato con lui e con il vescovo Angelo alla messa del Crisma giovedì mattina; poi in serata egli ha celebrato la messa in Coena Domini. Venerdì ha presieduto la solenne Azione liturgica della Croce alle 15 in S. Domenico e guidato la processione dal duomo a S. Domenico alle 21. Quindi la Veglia pasquale alle 22 del sabato e il pontificale domenica alle 10.15. Riportiamo l’omelia della messa del Crisma.
Cari presbiteri, religiosi e religiose e fedeli qui convenuti per la messa crismale, leggiamo nel ‘Cerimoniale dei vescovi’ che: “Questa messa che il vescovo concelebra con il suo presbiterio e nella quale consacra il santo crisma e benedice gli altri oli, è come la manifestazione della comunione dei presbiteri con il loro vescovo”.
– Con il santo crisma consacrato dal vescovo vengono unti i nuovi battezzati e segnati coloro che devono ricevere il sacramento della confermazione; inoltre vengono unte le mani dei presbiteri (Simone e Yacopo il 27 aprile) e il capo dei vescovi, la chiesa e gli altari durante il rito della dedicazione (Rosolina Mare il 1° giugno);
– con l’olio dei catecumeni invece i nuovi battezzandi vengono preparati e disposti a ricevere il battesimo;
– infine con l’olio degli infermi i malati trovano sollievo nelle loro infermità, usufruendo del ‘ministero della consolazione’ dei loro presbiteri nei momenti di particolare debolezza o sofferenza e per essere incoraggiati e sostenuti con la preghiera e il conforto del Signore nel momento del ‘duro’ passaggio dalla vita terrena a quella celeste.
Per questa messa si radunano e concelebrano in essa i presbiteri, dal momento che nella confezione del Crisma sono testimoni e cooperatori del loro vescovo, della cui sacra funzione nella edificazione, santificazione e guida del popolo di Dio sono partecipi, e così si manifesta chiaramente l’unità del sacerdozio e del sacrificio continuamente presente nella Chiesa di Cristo. Un grazie per la vostra presenza e partecipazione. Auspico che il significato di questa celebrazione sia sempre più compreso in diocesi e in città di Chioggia e quindi più partecipata da parte di molti fedeli.
E ora un approfondimento per i presbiti chiamati oggi al rinnovamento delle promesse sacerdotali, ispirandomi a pensieri espressi dall’allora card. Bergoglio, ora papa Francesco, nel documento dei vescovi dell’America Latina di “Aparecida”. L’identità del presbitero si definisce in relazione alla comunità, con due caratteristiche: come “dono” e come fedeltà alla chiamata del Maestro.
– “dono”: l’iniziativa viene sempre da Dio: l’unzione dello Spirito Santo, la speciale unione con Cristo capo, l’invito all’imitazione del Maestro, mettono in risalto nel presbitero la dimensione di “eletto-inviato”, nel quale il protagonista principale è il Signore, condizionando così sia l’autonomia personale sia la propria attività del presbitero, che regolerà le sue scelte e le sue attività di pastore, sentendosi lui stesso guidato.
– L’identità dice poi appartenenza; si è nella misura in cui si appartiene. Il presbitero appartiene al Popolo di Dio, da esso è stato tratto, ad esso è inviato e di esso continua ad essere parte. Chi non entra e si mantiene in questa effettiva e attiva appartenenza di comunione, giunge all’isolamento dell’io, si stacca dal Popolo di Dio cui è inviato: è questo certamente uno dei maggiori danni alla persona del presbitero, perché colpisce la sua identità in quanto diminuisce la sua appartenenza al Popolo stesso di Dio. “La dimensione costitutiva dell’evento cristiano è l’appartenenza ad una comunità concreta, nella quale possiamo vivere un’esperienza permanente di discepolato e di comunione con i successori degli Apostoli e con il Papa”. Obbedienza, povertà e celibato richiedono la maturità umana e spirituale della propria personalità e l’esercizio effettivo della propria libertà, per vivere la propria umanità e libertà con serenità, disponibili al servizio alla propria Chiesa di appartenenza, rinunciando a scelte isolate proprie per un cammino comunitario (obbedienza), donando il proprio amore e affetto (celibato/verginità) alla concreta comunità cui si è inviati a servire e condividendo i propri beni con i più poveri e mettendoli a servizio delle necessità delle proprie comunità (povertà). Cari fedeli, vi invito a pregare per me e per tutti i sacerdoti perché cresciamo sempre più nella coscienza e disponibilità di appartenere a questa Chiesa concreta e per la quale siamo stati eletti/inviati e perché possiamo essere per questa Chiesa un vero dono del Signore, senza pentimenti e senza restrizioni. La Cena del Signore che celebreremo questa sera diventi per tutti sacramento di Comunione e di Unità, per la quale Cristo ha pregato nell’imminenza della sua passione e morte. (+ vescovo Adriano)
(Foto Donaggio: nell’ordine, i riti).
da NUOVA SCINTILLA 17 del 27 aprile 2014