Papa Francesco all’ILVA di Genova

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Papa Francesco all’ILVA di Genova

Prendo spunto dalle parole di papa Francesco per richiamare l’attenzione sulla concretezza del vangelo che la Chiesa ha la missione di annunciare. Trovo urgente pensare quanto il vangelo influisce concretamente sulla vita sociale oggi e non solo a parole. Il vangelo riguarda l’uomo nel suo stare nel tempo, nel suo essere riconosciuto nella sua dignità umana e nel suo essere ‘figlio di Dio’ partecipe e destinato a condividere la ‘gloria divina col Figlio’ come ci ha ricordato la festa dell’Ascensione appena celebrata. Il papa ricorda a tutti che senza lavoro non c’è dignità e neppure democrazia. Questa è visione dell’umo ‘evangelica’ anche se non esclusivamente evangelica. Il papa con coerenza lascia intendere le conseguenze che ne derivano. Conseguenze che io mi limito a evidenziare con delle domande che diano da pensare a tutti, nessuno escluso, non solo cristiano ma anche cittadino di questo Stato. Che dignità può avere chi non è messo nelle condizioni di provvedere col suo lavoro e intraprendenza alla sua stessa vita e a quella della sua famiglia? È riconosciuta e promossa la dignità della persona dando qualche elargizione ad alcuni in qualche occasione e lasciando gli altri, anche più poveri, nell’impossibilità di trovare un lavoro? Il reddito di cittadinanza restituisce la responsabilità e la dignità o fa sentire alla persona che è un mantenuto e non un collaboratore prezioso alla vita e al benessere suo e di tutti? L’impossibilità di trovare lavoro tocca anche il senso stesso della democrazia e della libertà. E a questo proposito il papa cita la Costituzione italiana: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Ma che repubblica democratica è se oggi a metà dei giovani e a tanti adulti non è possibile accedere al lavoro? Si possono sentire parte di questa Repubblica democratica?

E a proposito di meritocrazia, dietro le parole del papa leggiamo una forte critica a quegli ordinamenti pubblici, con tanto di consenso e appoggio politico e sindacale, che fanno passare per conquiste la diversità sproporzionata di retribuzioni tra quei cittadini che spesso possono esplicare le loro abilità e svolgere al meglio il loro servizio, solo perché hanno potuto ottenere quel posto! Loro possono essere soddisfatti del loro lavoro ed essere retribuiti in maniera vergognosamente sproporzionata, rispetto a tanti altri che rimarranno sempre ai margini se non addirittura ‘emarginati’. Quante volte si avvera l’espressione manzoniana che valutava in maniera rassegnata la differenza tra i due fratelli Tonio e Gervaso, quando poi giunse anche per Tonio il momento di dover dire: “A chi la tocca la tocca!”. Non sarà il caso che il responsabile ultimo delle leggi repubblicane, il Parlamento, espressione della democrazia, lavori e legiferi sul tema del ‘lavoro per tutti’, sul fatto che ‘il lavoro è una priorità umana’, sul fatto che senza lavoro per tutti non c’è democrazia, sulla revisione di quelle leggi meritocratiche che creano discriminazione e disuguaglianza di libertà e dignità, come se ogni persona non avesse una bocca da sfamare e i figli di ognuno non avessero gli stessi diritti di quelli degli altri. Anziché occuparsi delle solite discussioni logorroiche sui temi strani e spesso inutili se non dannosi, non sarebbero queste le leggi davvero serie e improrogabili che riguardano il bene comune? Se da una parte bisogna vigilare perché l’imprenditore non diventi uno speculatore, non bisognerà fare leggi che favoriscano le imprese sane e oneste che possano realizzare lavoro produttivo e assunzioni, senza essere vittime di carichi fiscali che le spingono a evadere, a far lavorare in nero, a far fare il lavoro in altro Stato, o addirittura a chiudere? Tutte domande e temi che toccano la realtà dell’uomo e anche del vangelo. C’è bisogno di rimettere in questione molte cose, molte leggi sia sociali che economiche e fiscali se davvero si vuole giungere al lavoro per tutti, altrimenti si allargherà sempre di più il divario fra chi è ricco, e lo diventa sempre di più e in numero sempre minore, e fra chi è povero e lo diventa sempre di più e in numero sempre maggiore? È pessimismo o realismo? Ha a che fare o no col vangelo tutto ciò?

+ Adriano Tessarollo

Nuova Scintilla n.22 – 04 giugno 2017