Commentando…
Che ne sarà del Convegno di Firenze?
È stato celebrato a Firenze il Convegno della Chiesa italiana dal tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Ha visto la partecipazione di circa 2300 convegnisti. In apertura la visita di papa Francesco che ha dato ‘il timbro’ o “il tono” al Convegno stesso. Molte cose son già state scritte anche in questo settimanale. A me nasce spontanea la domanda: “Che ne sarà delle tante idee ed esperienze vissute da tanti partecipanti a questo convegno?”. Possiamo dire che un convegno come questo anzitutto ha come obiettivo di “dare a pensare” e solo di conseguenza poi di ispirare iniziative e fare nascere “prassi rinnovate”. Oggetto di attenzione è stato l’Umanesimo, espressione che può essere articolata in alcune domande: la nostra Chiesa italiana di che uomo parla?, a quale uomo parla?, che umanità vuole contribuire a costruire o rinnovare?, a quali fonti attinge il nuovo umanesimo”?, attraverso quali atteggiamenti e azioni propone la costruzione del nuovo umanesimo?
Dal titolo del Convegno risulta chiaramente a quale umanesimo e a quale maestro essa si ispira: Gesù Cristo, l’uomo nuovo. Naturalmente dal titolo è detta chiaramente la fonte ispiratrice del nuovo umanesimo: Gesù Cristo. Benché il Convegno si tenesse a Firenze, l’attenzione dei convegnisti non è stata indirizzata a confrontarsi con l’umanesimo rinascimentale, delle cui testimonianze la città di Firenze è ricca. Anche se va detto che papa Francesco, sollevando lo sguardo sulla volta interna della cupola del Brunelleschi, in Santa Maria del Fiore, ha sviluppato una densa riflessione sull’espressione “Ecce homo” (“Ecco l’uomo”) scritta come chiave interpretativa dell’intero affresco della cupola stessa. Così infatti ha esordito il papa: “Cari fratelli e sorelle, nella cupola di questa bellissima Cattedrale è rappresentato il Giudizio universale. Al centro c’è Gesù, nostra luce. L’iscrizione che si legge all’apice dell’affresco è “Ecce Homo”. …Contempliamo la trasformazione del Cristo giudicato da Pilato nel Cristo assiso sul trono del giudice… Gesù non assume i simboli del giudizio, anzi solleva la mano destra mostrando i segni della passione, perché Lui «ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,6). Nella luce di questo Giudice di misericordia, le nostre ginocchia si piegano in adorazione, e le nostre mani e i nostri piedi si rinvigoriscono. Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo.
Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il misericordiae vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo. Guardando il suo volto che cosa vediamo? Innanzitutto il volto di un Dio «svuotato», di un Dio che ha assunto la condizione di servo, umiliato e obbediente fino alla morte (cfr Fil 2,7). Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda. Dio…diventa sempre più grande di sé stesso abbassandosi. Se non ci abbassiamo non potremo vedere il suo volto. Non vedremo nulla della sua pienezza se non accettiamo che Dio si è svuotato. E quindi non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano e le nostre parole saranno belle, colte, raffinate, ma non saranno parole di fede. Saranno parole che risuonano a vuoto. Non voglio qui disegnare in astratto un «nuovo umanesimo», una certa idea dell’uomo, ma presentare con semplicità alcuni tratti dell’umanesimo cristiano che è quello dei «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). I convegnisti sono stati coinvolti a interrogarsi e dialogare sull’uomo “immagine di Dio” la cui più piena manifestazione si incontra nell’uomo Gesù Cristo, nel suo modo di essere e di stare tra gli uomini, nel suo uscire dal “Cielo” e venire incontro all’uomo sulla terra, per portarci il lieto annuncio della Misericordia del Padre che non vuole che nessuno degli uomini si perda. Egli venne ad abitare in mezzo a noi prendendo parte alla nostra condizione umana, facendosi carico anche delle nostre infermità. Con la vita e la parola ha educato la comunità dei suoi discepoli proponendosi come il Maestro mite e umile di cuore che si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli, bisognosi di quell’esempio e di quel perdono. Nel dono di Sé Gesù Cristo ci ha dato uno sguardo nuovo su di noi e sul mondo, sulla nostra vita e su tutta la realtà, con le sue ferite e fragilità, trasfigurate, cioè viste e vissute con lo Spirito delle Beatitudini. E’ quell’Oltre promesso che trasfigura la nostra povera e fragile vita in partecipazione al dono di Sé che Gesù Cristo ha vissuto per noi e in partecipazione alla sua Gloria nella risurrezione.
Ora siamo impegnati nella celebrazione del Giubileo della Misericordia, augurandoci di percorrere davvero un vero cammino di conversione nel riconoscere la misericordia del Padre nei nostri confronti per imitarlo nella nostra misericordia verso gli altri uomini, vicini e lontani, ma ci ripromettiamo, una volta usciti gli atti del Convegno di Firenze, di ispirare i prossimi nostri programmi pastorali ai pensieri e agli stimoli maturati nel Convegno.
+ Adriano Tessarollo