Non sono pregiudizi?

vescovo
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Non sono pregiudizi?

Mi ha colpito leggere in questi giorni su “Repubblica” del 30 marzo: «La scuola pubblica rappresenta una scelta neutra, mentre la privata potrebbe “orientare il minore verso determinate scelte educative o culturali in genere”. Con questa motivazione il Tribunale di Milano ha deciso che i figli di una coppia separata debbano frequentare un istituto statale, come chiesto dal padre, e non uno cattolico paritario, indicato invece dalla madre. La sentenza, firmata lo scorso 18 marzo dal giudice Giuseppe Buffone della nona Sezione civile, conclude che “non si possa affatto dire che la scuola privata risponda “al preminente interesse del minore”, poiché vorrebbe dire che le istituzioni di carattere privato sono migliori di quelle pubbliche”. Pertanto, conclude il giudice, “la decisione dell’Ufficio giudiziario non può che essere a favore dell’istruzione pubblica”».

In continuità con quanto già detto in passato sul problema dell’educazione dei ragazzi e della Scuola pubblica paritaria, ci tengo a ribadire alcune cose, per evidenziare che anche i giudici non sono sempre così neutri e precisi nell’emettere le loro sentenze, con motivazioni talvolta ampiamente ‘discutibili’, per essere ‘galanti’. Ma l’ha detto il giudice!

 

“La scuola pubblica rappresenta una scelta neutra mentre la privata…”.

Alcune domande: cosa vuol dire scelta neutra? Si può dire che la scuola statale non orienta verso alcuna scelta educativa o culturale? E questo sarebbe un valore da offrire ai figli: nessuna scelta ‘educativa o culturale’! Questa grande motivazione del Tribunale di Milano mi fa ridere, per quanto è ingannevole. Basta guardare i criteri e la preoccupazione con cui i genitori che lo possono scelgono anche fra le diverse scuole statali, dal livello più basso fino a quello universitario! E si vedono anche i risultati diversi!

Alcune precisazioni. Un Tribunale e i suoi giudici dovrebbero almeno usare la terminologia corretta. La Scuola pubblica risulta dall’insieme della scuola statale e della scuola non statale pubblica. Infatti in Italia, secondo la legge n° 62, del 10 marzo 2000, fermo restando l’art. 33 della Costituzione, si fa rientrare la Scuola Paritaria nell’unico alveo pubblico della Scuola Pubblica. Tale scuola paritaria, pertanto, viene distinta da quella statale, ma entrambe, sia la scuola Statale che quella Paritaria, sono a pieno titolo Scuole Pubbliche (vedi Legge n° 62, art. 1 e comma 1 e 2).

Una volta a scuola ci insegnavano anche la ‘proprietà di linguaggio’!

La chicca principale poi suona così: “non si possa affatto dire che la scuola privata risponda “al preminente interesse del minore”, poiché vorrebbe dire che le istituzioni di carattere privato sono migliori di quelle pubbliche”. Intanto insisto che le scuole paritarie non sono di carattere privato ma sono ‘pubbliche’ gestite da istituzioni pubblicamente controllate, approvate e riconosciute. A proposito poi di dogmi laicisti, dice il giudice, non si deve mai “affermare che le istituzioni di carattere privato sono migliori di quelle pubbliche”. E’ pregiudizialmente vietato dirlo e forse anche pensarlo: parola di giudice! E nessuno si permetta di pensare diversamente. Così nella libera Italia.

Cari concittadini italiani, usiamo il buon senso, risolviamo tra di noi con intelligenza, benevolenza, equilibrio e misericordia le controversie, litighiamo il meno possibile e ricorriamo ai giudici e ai tribunali il meno possibile: spenderemo di meno, risolveremo prima, guadagneremo in salute e pace e magari concluderemo anche meglio, con buona pace di tutti.

+ Adriano Tessarollo

(dal settimanale diocesano “Nuova Scintilla”, n. 13 del 3 aprile 2016, pag. 11)