Conti pubblici

Vescovo-Adriano-Tessarollo
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Conti pubblici

Leggevo nei giorni scorsi che a Roma gli scioperi delle varie ‘sigle sindacali’ (ma in pratica si possono oggi definire ‘corporazioni di interessi’) dei trasporti hanno un costo annuale, per perdite, di circa 50 milioni di Euro. Ormai lo sciopero è divenuto troppo spesso strumento di potere di gruppi che avanzano pretese in contrasto col bene comune. Si invocano diritti sociali che riguardano solo alcune classi o gruppi o lobby, e quindi non sono più sociali in quanto riguardano il bene comune, ma diventano difesa di interessi ‘privati’ di quel gruppo o categoria, i cui costi però ricadono su tutti. Avere lavoro/stipendio da un servizio pubblico, comporta sapere che le conseguenze dello sciopero ricadono proprio sugli utenti e sui cittadini che pagano per quel servizio e del quale si sentono privati senza loro colpa alcuna. Le rivendicazioni delle loro pretese, non aggiustate tramite dialogo e tenendo conto delle risorse disponibili, si scaricano, ripeto, sugli utenti, spesso più poveri degli scioperanti, che ne fanno le spese pagando caro il mancato servizio, subendone i disagi delle interruzioni e subendo poi un continuo rincaro dei costi che ricadono comunque sui cittadini. Tanto si sa che i servizi pubblici di ogni specie vanno comunque sempre avanti, anche se in permanente passivo, dato che la copertura è assicurata dai contributi degli utenti e dalle tasse di tutti i cittadini. Non sarà il caso talvolta di ‘voltarsi’ e guardare anche indietro, quando si fanno certe rivendicazioni.

Certo che se il confronto è con coloro che, pur senza scioperi, si accordano stipendi e privilegi sempre in crescita, benché siano spudoratamente già alti e prelevati dal sangue dei cittadini ipertassati, allora il gioco porta a rincorrere compensi sempre più alti per chi ha già molto, lasciando chi ha poco o niente a se stessi o quasi. A questo proposito leggevo pure nei giorni passati delle quote che i vari dirigenti degli organismi pubblici regionali, comunali e statali dovevano dividersi come premi di produzione, naturalmente oltre il già alto stipendio, e lamentandone la diminuzione. Ma uno non dovrebbe operare al meglio delle sue possibilità quando è ben retribuito e casomai decurtato se non fa il dovuto? Oggi sembra acquisito che c’è un ‘minimo sindacale’, oltre il quale si richiede un compenso extra, per alcuni solo però. Ma non credo che con questa ‘cultura del lavoro’ ci si possa aspettare nuove possibilità di lavoro per chi non ce l’ha, specie per i giovani, e nuovi investimenti. Se anche nel ‘pubblico’ non si fa strada che tutto quello è pubblico è ‘nostro’, cioè di tutti ma anche di ciascuno, e che si lavora per il bene di tutti, avremo sempre a che fare con profittatori individualisti che dal pubblico tenderanno a prendere e pretendere sempre di più. Una domandina avrei pure il coraggio di porre a chi si è fatto protagonista dello sciopero o manifestazione contro i voucher. Bene difendere il posto di lavoro ‘fisso’ per chi già ce l’ha e pretendere che ognuno abbia il posto fisso. Ma non è reale pensare che vi siano anche lavori che per definizione possono essere saltuari e che ora l’uno ora l’altro potranno fare, in attesa del posto fisso? L’esperienza ha mostrato che ciò si è rivelato utile per molti. Certo, c’è stato chi ne ha profittato malamente, ma un conto è correggere, un conto è abolire. Abolire significa fare spazio ancora di più al ‘nero’ e al ‘sommerso’ che è già tanto lo stesso. Ho potuto constatare che diverse persone, dopo un tempo di lavoro con i voucher, sono stati poi assunti stabilmente, dopo verificato che erano ‘produttivi’. Ai sindacati, specie a qualcuno, mi verrebbe da dire che bisogna anche educare alla ‘cultura del lavoro e della vera solidarietà’, non preoccupandosi principalmente di ottenere consensi con i discorsi sui diritti ma parlando anche dei doveri e delle effettive possibilità di tutti. Il lavoro produttivo crea posti di lavoro, la difesa del posto di lavoro a tutti i costi fa diminuire il lavoro o assicura i posti a spese pubbliche e sociali. Ma qui si entra nella logica della conquista dei consensi, ‘cosa’ tipicamente politica!

+ Adriano Tessarollo

Nuova Scintilla n.25 – 25 giugno 2017