Contributo al Convegno di Aquileia 2

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DIOCESI DI CHIOGGIA 

Contributo al Convegno di Aquileia 2

(sulle tre schede preparatorie)

 

 I. Una nuova evangelizzazione del Nordest

Il compito della nuova evangelizzazione si trova ad affrontare non pochi problemi anche nel nostro territorio: l’individualismo, una certa chiusura, l’indifferenza in generale e la superficialità nelle relazioni, il consumismo unito alla secolarizzazione, la crisi economica, ma soprattutto la crisi di valori a partire dall’indebolimento delle convinzioni nel mondo adulto che risulta confuso, senza punti di riferimento etici e valoriali; prevalgono sentimenti di precarietà, di insicurezza e disorientamento, mentre – nonostante alcuni segnali positivi – s’indeboliscono la solidarietà e la condivisione. All’interno della comunità ecclesiale, con evidenti conseguenze per la sua missione all’esterno, si può dire che è venuta meno la continuità dell’annuncio tra generazioni, c’è scarsa attenzione ai segni dello Spirito che si esprime anche nei movimenti e nelle aggregazioni ecclesiali laicali; permane e talora cresce la difficoltà o incapacità nel raggiungere i luoghi della vita quotidiana (scuola, lavoro, tempo libero). Problemi che diventano anche sfide: in particolare il superamento

dell’individualismo e della crisi valoriale, la crisi economica come opportunità di rinnovata solidarietà, l’impegno costante ed efficace alla testimonianza negli ambienti di vita.

Occorre fare appello alle risorse che certamente non mancano: i cristiani possono davvero diventare un vangelo vivente che comunica l’esperienza vissuta con il Maestro Gesù. Se, prendendo sul serio il dono della fede, lo si propone con credibilità, con adeguata preparazione e con la dovuta dignità nei luoghi della vita, si coglie il desiderio e la domanda presenti in molti, suscitando la possibilità di risposte anche superiori alle attese. Risorsa importante deve essere quella dell’educazione permanente e continua, in risposta all’emergenza educativa, proponendo itinerari formativi aggiornati. Un’educazione anche in età adulta per aiutare a gestire il cambiamento personale e sociale: educazione alla conoscenza, al comportamento, all’adattamento, e soprattutto alla responsabilità (nella ricerca e nelle scelte) e alla partecipazione.

In questo le comunità possono andare incontro alle persone predisponendo e portando avanti percorsi adeguati. Si tratta di ripensare le modalità dell’annuncio liberandoci da quelle obsolete per puntare all’essenzialità del messaggio (legato alla Parola di Dio e alla spiritualità); è necessario dilatare l’ascolto a tutto campo, suscitare maggiore disponibilità negli adulti a mettersi in gioco. Proprio gli adulti possono essere tramite per un’attenzione maggiore ai giovani, ai ragazzi e ai più piccoli – come di fatto già avviene in alcune parrocchie e associazioni ecclesiali. La Chiesa può diventare sempre più e sempre meglio esperienza di fraternità e di accompagnamento umano e spirituale. Si rivelerà probabilmente utile dare maggiore comunicazione e visibilità, anche a livello diocesano e parrocchiale, alle iniziative offerte dalle aggregazioni laicali che si integrino nella vita parrocchiale. Va promossa con decisione e coraggio la corresponsabilità laicale attraverso una più fattiva presenza dei laici nella vita delle comunità e nella stessa organizzazione ecclesiale. Si possono promuovere incontri, anche di festa e conviviali, che suscitino relazioni personali, affinando le esperienze da condividere, dando visibilità a giovani e famiglie che riescono a tradurre pubblicamente il Vangelo nella vita: così si offre a coloro che si incontrano (persone e famiglie) l’opportunità per una ricerca del senso da dare alla propria vita facendovi entrare Dio. Vale la pena di cogliere scadenze e ricorrenze (ad esempio le varie “Giornate” finalizzate) per allargare inviti in modo mirato anche a persone e famiglie distratte e lontane ma interessate a quei determinati temi, proponendo e raccontando esperienze concrete di vita, cui far seguire poi eventuali percorsi di accompagnamento. Si potrebbero seguire i cresimati puntando su alcune famiglie cristiane come luoghi d’incontro e di condivisione (anche amicale e festosa) per piccoli gruppi. Favorire momenti di preghiera e di ascolto della Parola che possano sostenere e incoraggiare persone e famiglie nell’annunciare poi nella vita quotidiana l’amore di Dio per tutti. Potenziare i corsi di preparazione al Matrimonio cristiano – ancora molto seguiti – con proposte più adeguate, nella convinzione che proprio dalle famiglie, attuali e future, possono nascere vocazioni sia al servizio nella chiesa sia ad una umanità più piena. In una parola vanno coniugati sempre di più la fede con la vita, il vangelo con l’esperienza e con i gesti della quotidianità.


II. In dialogo con la cultura del nostro tempo

La lontananza tra Chiesa e cultura di oggi può dipendere dall’effettiva “differenza” che esiste tra le due “visioni del mondo”, che può venir giocata anche positivamente come utile confronto. Ma essa può dipendere anche da una nostra assenza dagli ambienti della vita e della formazione della mentalità, o dalla nostra incapacità di valorizzare l’altro e di dialogare a cuore aperto con altre identità; o anche da una controproducente rigidità nella proposta e nel metodo di approccio, o, più radicalmente, da quella “presunzione della verità” che diventa un freno al dialogo poiché sembra congenita alla nostra dottrina – che non può porsi in discussione, né ammettere differenti alterità – o, semplicemente, per il nostro atteggiamento da maestri, che hanno sempre da insegnare (e quindi non possono trovare solo docili discepoli, ma anzi provocano rifiuto). Ciò vale a livello ecumenico e interreligioso, ma anche a livello di dialogo con la cultura odierna, segnata, oltre che da ateismo, scetticismo e indifferenza, anche da sincera ricerca. Tuttavia, si può dire che di fatto la mentalità corrente è caratterizzata da una riduzione al visibile e al materiale, in una sorta di relativismo che equipara ogni opinione e crea, d’altra parte, senso di smarrimento ideale e insicurezza pratica.

Ma ogni uomo reca in sé un desiderio profondo di bene, di felicità e di giustizia: facendo perno su questo bisogno integrale dell’uomo si potrà efficacemente dialogare con tutti. Il nostro incontro con Cristo dovrebbe far emergere questo desiderio e una reale risposta. Forse l’ostacolo “dentro” la Chiesa è costituito da una nostra riduzione della fede a pietismo e moralismo che non attrae e non tiene di fronte al mondo, cioè non appare sempre chiaramente che, essendo cristiani, guadagniamo in umanità; né che una fede vissuta rende più vero e più bello tutto. Una reale apertura di cuore e una testimonianza coerente e gioiosa rendono possibile il dialogo con chi ha gli stessi nostri bisogni di felicità e di giustizia. Altro ostacolo dentro e fuori la Chiesa è il divario tra affermazioni di principio e pratica di vita e la lontananza tra colluvie di documenti magisteriali e pratiche pastorali. I contenuti e i valori della fede cristiana sono spesso ignorati anche dentro la chiesa oltre che fuori.

Occorre aiutarci a un rapporto cordiale e leale con chi non crede più (o non ha mai creduto o crede diversamente), creando nelle comunità la capacità di dialogare con una realtà pluralistica, considerando seriamente e con rispetto, ad esempio, anche i nuovi modi di “fare famiglia”. Presentarsi alle persone sempre con il cuore, in un spirito di accoglienza non solo di facciata, in un atteggiamento di ascolto attento e sincero (in particolare in situazioni di soglia, segnate da sofferenza e marginalità, non solo materiale). Come i primi cristiani, occorre saper testimoniare Cristo con la vita e presentarne la persona e il messaggio nella sua interezza, con entusiasmo, gioia e coraggio, che vengono dalla convinzione e dall’esperienza di vita. Non mancano testimonianze esemplari vissute da nostri cristiani a livello ecumenico e interreligioso anche in Europa e in paesi di missione (Africa, Thailandia, Papua N.G., ecc). I cristiani non restino circoscritti in parrocchia, ma si aprano al mondo (scuola, lavoro, politica, sport…). Sono presenti nel mondo della scuola forme di dialogo e di apertura, o forme di intraprendenza che hanno portato ad esperienze dirette di gestione scolastica con modalità originali nel campo educativo come possibilità di incontro per le famiglie e di crescita umana e culturale per i ragazzi. E non mancano forme di presenza organizzata di movimenti e associazioni per i vari ambiti della cultura e della società che vanno promosse e accompagnate con equilibrio e speranza.. Così pure esistono e vanno incoraggiati Centri culturali che vogliono comunicare a tutti e con tutti, in una reale intenzione di confronto facendo conoscere la bellezza del cristianesimo e sapendo recepire le ricchezze di altre proposte culturali.

Il linguaggio per eccellenza, nel mondo d’oggi, rimane quello della carità, nell’accoglienza  del bisogno di ogni altro come creatura di Dio (anche in questo campo sono presenti istituzioni e iniziative – a partire dalla Caritas fino a tante altre realtà -, di cui va incoraggiata la conoscenza e tra le quali va promossa la sinergia). Un capitolo importante sarà quello del mondo della comunicazione sociale, dal quale la comunità ecclesiale non può estraniarsi, promuovendo invece efficaci e aggiornate forme di presenza e di dialogo ormai multimediale. Fondamentali restano il rapporto umano e la collaborazione sul campo, un atteggiamento di umiltà, di vicinanza e di credibilità, rimanendo fedeli alla storia in cui lo Spirito continua ad operare e educando alla capacità di rendere ragione della fede per testimoniare il Risorto ovunque nel dialogo umile e credibile.


III. Impegnati per il “bene comune”

Se il bene comune non è somma di beni individuali ma il “bene indivisibile per tutti” – fondato sull’uguale dignità di tutte le persone – che comprende e trascende il bene dell’individuo per estendersi a tutta la comunità e a tutte le comunità, non solo a parte di esse, si coglie quanta strada ci sia da fare da parte di tutti, nell’ambito sociale, politico ed anche ecclesiale. La Chiesa ha promosso nei secoli il bene comune con dedizione, inventando e consolidando strutture nell’ambito educativo (scuole), sanitario (ospedali), economico (banche)…, che sono entrate poi nel dettato costituzionale come esigenze da garantire da parte degli enti pubblici (esposti però al rischio di ridursi a erogare prestazioni, sganciate da spirito di servizio). Occorre sviluppare disponibilità e dedizione in altri ambiti e animare cristianamente dalla base le istituzioni pubbliche di servizio.

La mentalità nel nostro territorio è certamente mutata: da una spontanea solidarietà si è passati a forme di sospetto e di ostilità per il meridionale e lo straniero in un ambiente ormai multiculturale, multietnico e multireligioso, con cui invece occorre imparare a fare i conti. Oltre a forme striscianti di xenofobia, ci sono anche forme di chiusura da parte di gruppi di nazionalità diverse che giungono a instaurare rapporti con i locali solo a partire dalla terza generazione. Primari sono l’impegno al dialogo, l’educazione alla tolleranza, il favorire l’accoglienza: tutto fondato su una rettitudine individuale e sostenuto da una maturazione collettiva. Ci sono segnali incoraggianti del contributo dei cattolici, ma occorre rilanciarne la presenza e il servizio al bene comune nell’ambito socio-politico. Resta la difficoltà di affrontare determinati temi e problemi nel dialogo pubblico come pure nel dibattito ecclesiale, dove, per altro, non va mai messa in crisi la comunione a causa di differenti visioni e scelte politiche. Anche qui emerge il primato educativo: serve una formazione integrale e permanente delle persone e delle comunità.

Tra i settori e aspetti già oggetto di attenzione ma che sollecitano ulteriore impegno ecclesiale emergono quello del lavoro (disoccupazione e precarietà) in cui sono urgenti risposte che aprano alla speranza e a reali possibilità; quello dell’immigrazione, in cui promuovere capacità di accoglienza e solidarietà vedendo in ogni uomo un fratello; la grande crisi attuale, in cui educare alla sobrietà, verificando l’uso del denaro e dei beni personali ma anche delle chiese locali; nuovi “stili di vita” come segno di testimonianza coerente col Vangelo e germe di reale cambiamento della società. Vanno apprezzati e sostenuti i “fondi di solidarietà” come gesti significativi della Chiesa rispetto alle urgenti problematiche del lavoro e delle effettive difficoltà delle famiglie. Va portata una testimonianza personale nella dimensione quotidiana e nell’impegno civile “lasciando il mondo migliore di come l’abbiamo trovato”, facendo bene tutto ciò che siamo chiamati a fare. La Chiesa deve educare di più e meglio anche all’impegno politico aiutando a superare lo sguardo corto e interessato della politica attuale e ad affrontare con coraggio situazioni in cui il politico cristiano può risultare isolato o voce fuori dal coro, senza contrapposizioni ma con coerenza responsabile. Educare grandi e piccoli a cittadinanza e legalità, senso civico e vita democratica.

E’ importante “esserci” per contribuire a determinare il futuro della società e collaborare – il che già avviene, ma non sempre in modo fruttuoso – con le pubbliche Istituzioni (Enti locali, Asl, Scuola), oltre che con le Onlus e le varie forme di Volontariato. Le istituzioni, tuttavia, forse per carenza di risorse, non sembrano sempre all’altezza del loro compito, gestite talora in modo autoreferenziale più che per il bene comune. Anche il venir meno del senso del peccato incide sulla qualità della politica, poiché da essa non è estranea la questione morale. Una maggiore formazione biblica e una solida spiritualità possono aiutare il cristiano impegnato nel socio-politico. Una presenza efficace nei mass media diventa palestra di comunicazione e di dialogo con tutti: se da Aquileia 1 è nata Telechiara, bisogna interrogarsi quali altri strumenti e forme di comunicazione richiede il nostro mondo attuale segnato dalla presenza crescente di stranieri, dai nuovi media e dall’invadenza dei network. Adoperarsi per il bene comune facendosi prossimi ai casi concreti di persone e famiglie in questo tempo di crisi; sostenere la presenza e l’attività della Caritas, in prima linea sul solco della dottrina sociale della Chiesa; assumersi l’onere e l’impegno di una presenza personale nella vita sociale e politica, promuovendo e frequentando incontri formativi a livello diocesano: sono alcune linee concrete di un possibile impegno comune.

 

(sintesi dei contributi vicariali e delle associazioni ecclesiali, approvata dal Comitato diocesano e inviata al Comitato regionale il 29 febbraio 2012)